Tradotto da Rocco G. Maltese.
Scopriamo come conosciamo di cosa sono fatti il Sole (e le stelle).
Diversamente dai componenti del Sistema Solare, del tipo dei pianeti e dei satelliti, e stelle sono fuori dal raggio delle navicelle spaziali, o nel caso del Sole, la sua temperatura é troppo alta perché possa essere avvicinato. E allora come possiamo capire come sono fatti se non possiamo utilizzare sonde, robot o astronauti per studiarli? La risposta é che dobbiamo studiare la propria luce. Sappiamo che il colore di una stella é dato dalla temperatura emessa (Ribeiro, 2015), ma come facciamo a sapere di cosa sono fatte le stelle? Nuovamente, dalla luce emessa dalle stelle, dal loro spettro, questa é la risposta.
Al festival Science on Stage (le Scienze alla Ribalta), che si é tenuto a Londra a Giugno del 2015, si é discusso tra noi come potevamo combinare alcune attività sperimentali che avessero insegnato agli studenti la composizione chimica delle stelle e fu così che nacque questa attività. È congegnata in modo da permettere agli studenti di età tra 15 e 18 anni di studiare differenti spettri luminosi e capire come possono essere utilizzati per individuare gli elementi chimici all'interno di una lampada e, molto più interessante, nella nostra stella più vicina, il Sole.
Isacco Newton, nel suo famoso esperimento del 1666, utilizzando un prisma, dimostrava come la luce poteva essere scomposta nei suoi colori e questi colori potevano essere ricombinati ottenendo un raggio di luce bianca. Egli ha dimostrato che i colori non hanno origine all'interno del cristallo, come si credeva in precedenza, ma che invece rappresentavano le componenti (o le lunghezze d'onda) della luce solare. Egli ha coniato la parola ‘spettro’ per descrivere i colori dell’arcobaleno e la sua scoperta ha dato inizio alla scienza della spettroscopia.
A Newton lo spettro del Sole appariva continuo, con nessun intervallo tra i colori. Ma nel 1814, Joseph von Fraunhofer scoprì che quando la luce é sufficientemente dispersa ottenuta facendola passare attraverso una stretta fenditura, si vede che lo spettro contiene un certo numero di linee oscure, conosciute come le linee di Fraunhofer (figura 1). Circa 45 anni dopo, queste linee si sarebbero rese essenziali per la determinazione ella composizione del Sole, grazie al lavoro di Gustav Kirchhoff e Robert Bunsen.
Nel 1860, Kirchhoff e Bunsen studiarono un differente specie di spettro. Invece di osservare le linee scure su uno sfondo chiaro, studiarono le linee luminose su uno sfondo scruto, emesso quando si riscaldavano gli elementi alla fiamma del gas emessa dal becco Bunsen. Tale spettro era quello del sodio (figura 2), che si ottiene riscaldando il sale da cucina (NaCl) o accendendo una lampada ai vapori di sodio a bassa pressione, come quelle utilizzate per l’illuminazione stradale.
Bunsen e Kirchhoff conclusero che gli elementi chimici si potevano individuare utilizzando queste linee di emissione e, considerando questo fatto, trovarono due nuovi elementi e i due anni successivi: il cesio e il rubidio.
Kirchhoff ha continuato il suo lavoro capendo che le linee di emissione coincidono con diverse linee di Fraunhofer. Per esempio, le line giallo acceso dello spettro del sodio si trovavano nelle stesse posizioni delle linee scure nella regione del giallo dello spettro solare, detta ‘D’ di Fraunhofer.
Questi primi esperimenti rivelarono che che vi erano tre tipi principali di spettro; continuo, di assorbimento e di emissione. Il primo mostra tutte le lunghezza d’onda, il secondo contiene solo alcune delle lunghezze d’onda della luce, e il terzo mostra i vuoti, o le linee scure su sfondo chiaro. Questi spettri si formano secondo quanto stabiliscono le tre leggi di della spettroscopia di Kirchhoff:
Kirchhoff non aveva trovato solo che un elemento chimico era responsabile per le linee spettrali nelle stesse posizioni sia dello spettro di emissione che in quello di assorbimento, ma aveva anche scoperto che il Sole conteneva sodio. Così per conoscere la composizione del Sole, o di ogni altra stella, abbiamo solamente bisogno di confrontare gli spettri di elementi noti con lo spettro della stella.
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Una alternativa a questo spettrometro può essere il mini-spettrometro pieghevole, disponibile per l'acquisto onlinew2. Esso permette agli studenti di fotografare lo spettro osservato utilizzando uno smartphone.
Non guardare il Sole in modo diretto, nemmeno con uno spettrometro. Invece, puntate lo spettrometro verso il cielo per osservare uno spettro della luce solare diffusa.
Domandate agli studenti di osservare attraverso lo spettrometro gli spettri delle varie sorgenti luminose. Questo dimostrerà a loro che non tutte le sorgenti luminose saranno le stesse, poiché i loro spettri non sono gli stessi.
Domande:
Risposte:
Gli studenti osserveranno diversi spettri provenienti dalla fonte luminosa:
La differenza negli spettri indicano che queste fonti luminose, e i meccanismi che stanno dietro a queste formazioni, sono differenti, eccetto che per il Sole e le lampade a incandescenza. Spesso si usano le sorgenti di luce ad incandescenza perché hanno uno spettro continuo come quello del Sole.
Utilizzando diverse lampade a scarica di gas, domandate ai vostri studenti di individuare gli elementi presenti confrontando lo spettro delle lampade con quello delle immagini degli spettri di emissione di differenti elementi. Questo rappresenta la base della spettroscopia come metodologia delle analisi chimiche.
Una lampada a scarica di gas richiede un voltaggio alto, queste dovrebbero essere maneggiate dall'insegnante.
Domande:
mini-spettrometro
pieghevole per ottenere lo
spettro di emissione dell'elio
Immagine concessa
gentilmente da Ole Ahlgren
Risposte:
Alcune lunghezze d'onda sono più intense di altre, come succede in certe linee di emissione che sono più brillanti di altre. Questo è evidente nei colori delle lampade. Per esempio, la luce di una lampada al sodio è gialla perché emette principalmente luce presente nello spettro del giallo, comunque emette anche nella parte rossa e verde dello spettro. Poiché ogni elemento ha le sue specifiche lunghezze d'onda, potete utilizzare gli spettri per individuare gli elementi chimici in esse presenti.
Per ottenere dei risultati maggiormente dettagliati, si possono realizzare ulteriori attività sperimentali con uno spettrometro in grado di individuare lo spettro di assorbimento del Sole, con l'ausilio di un software associato ad un registratore di dati (data-logger). Le figure 4 e 5 sono state ricavate con lo spettrometro dell'Ocean Optics Red Tide, e il programma LoggerPro.
Gli spettri così ottenuti sono differenti da quelli ottenuti mediante un semplice spettrometro, e contengono molte più informazioni, comprese le lunghezze d'onda di ogni linea spettrale e lo loro relative intensità. Lo spettro del Sole può anche mostrare che la presenza di alcune linee di assorbimento non significa necessariamente che queste lunghezze d'onda siano completamente assente ma solo che sono meno intense di altre lunghezze d'onda.
Immagine per gentile concessione di Ole Ahlgren
del mercurio con lo
spettrometro dell’Ocean
Optics Red Tide e il
programma del LoggerPro
Immagine per gentile
concessione Ole Ahlgren
Gli studenti potrebbero registrare lo spettro del Sole utilizzando uno spettrometro più sofisticato. Il programma di acquisizione dati (data-logger) fornirà le lunghezze d’onda delle righe di assorbimento che gli studenti sceglieranno. Le righe di assorbimento scelte dovranno essere le più prominenti. Per determinare gli elementi presenti, vi sono due scelte:
Osservando gli spettri di differenti sorgenti luminose ed elementi chimici e confrontandoli con lo spettro del Sole, gli studenti imparano a determinare la composizione del Sole e di altre stelle.