Coronavirus: pillole di scienza Understand article

Mentre gli scienziati di tutto il mondo cercano di capire e fronteggiare la pandemia da coronavirus, noi daremo uno sguardo a quanto attualmente noto su questo nuovo virus.

In merito all’epidemia da COVID-19, la malattia causata dal coronavirus SARS-CoV-2, circolano sia notizie veritiere e nuovi aggiornamenti ma, in alcuni casi, anche informazioni fuorvianti. Questo articolo è un resoconto scientifico utile alla comprensione di questo nuovo virus.

Immagine di microscopia elettronica che mostra le nuove particelle del virus SARS-Cov-2, prodotte in cellule coltivate in laboratorio. Le proteine Spike sulla superficie delle particelle virali  danno il nome ai coronavirus. 
NIAID-RML, CC BY 2.0

Cosa è un coronavirus?

I coronavirus appartengono alla famiglia Coronaviridae. Il termineCorona’ (dal greco) si riferisce proprio al tipico aspetto dell’involucro esterno del virus, ricoperto dalle proteine Spike. Alla famiglia dei coronavirus appartengono una dozzina di specie circa. Si trovano nei mammiferi e negli uccelli, ma solo sette specie hanno infettato l’uomo, sinora. Tre di queste hanno causato delle epidemie fatali, inclusa la recente.

Gli scienziati ritengono che le tre epidemie sono derivate dalla stretta vicinanza tra uomini ed animali. La ragione sottostante a tale teoria è che i virus possono mutare ed adattarsi a nuovi ospiti, facendo il salto di specie dagli animali all’uomo. In alcuni virus, come quello della varicella, i geni sono codificati da DNA. I coronavirus, invece, hanno un genoma ad RNA. I virus ad RNA in genere mutano più frequentemente rispetto a quelli a DNA, perché hanno una minore capacità di “proofreading” dei loro geni durante la loro replicazione, e quindi una più alta percentuale di errori. Di conseguenza, i virus ad RNA, come quelli dell’influenza e del raffreddore, si evolvono in nuovi ceppi ogni stagione, rendendo più complicato contrastarli o proteggerci. Tuttavia, SARS-CoV-2, avendo un’attività di proofreading, sembra geneticamente più stabile rispetto ai virus influenzali.

Nel 2002, un coronavirus detto SAR-CoV è balzato all’attenzione di tutti dopo essere mutato ed aver effettuato il salto di specie dai zibetti all’uomo, sebbene l’ospite naturale più papabile sembra essere il pipistrello. Ha causato una grave malattia nei polmoni, detta sindrome respiratoria acuta grave (SARS), letale nel 10% dei positivi al virus. Dieci anni dopo, la MERS-CoV (sindrome respiratoria mediorientale) fu identificata in Sud Arabia. Anch’essa probabilmente sviluppata nei pipistrelli, ma diffusasi nell’uomo attraverso il cammello, poichè ospite intermedio  (Andersen et al., 2020). EAncora più mortale della SARS, MERS-CoV ha un tasso di letalità del 34%.

L’ultimo coronavirus a fare il salto di specie nell’uomo, SARS-CoV-2, é stato identificato a Dicembre 2019, a Wuhan, in Cina. Probabilmente presente nei pipistrelli, è poi passato all’uomo mediante un ospite intermedio non ancora ben identificato. Alcuni ricercatori pensano sia il pangolino (formichere squamoso).

Riproduzione e diffusione

Come tutti i virus, SARS-Cov-2 non può riprodursi senza infettare una cellula viva. Per fare ciò, il virus deve attarcarsi alla membrana esterna della cellula. Il virus usa la proteina spike della sua corona per riconoscere e legare dei recettori specifici presenti sulla membrana esterna della cellula ospite.

Il recettore di superficie della cellula riconosciuto da SARS-CoV e SARS-Cov-2 è lo stesso: la proteina ACE2, espressa nel tratto respiratorio, specialmente nei polmoni. Tuttavia, i ricercatori hanno identificato una differenza chiave nella proteina spike del SARS-COV-2 che potrebbe spiegare l’alto livello di infettività del virus. La proteina spike deve essere attivata da una proteina dell’ospite mediante taglio proteolitico, e SARS-CoV-2 ha un sito di taglio unico riconosciuto da un enzima presente nell’ospite, detto furina. Tale sito di taglio non è presente nei virus del pipistrello e del pangolino. La furina è espressa in diversi tessuti ed organi del corpo umano, inclusi fegato, intestino tenue e polmoni. Ciò potrebbe spiegare perchè in alcuni casi il virus si è diffuso nell’organismo danneggiando svariati organi. Questo aspetto potrebbe aumentare anche il livello di contagiosità del SARS-CoV-2.

A coronavirus spike protein attaching to an ACE2 receptor on a human cell
Immagine raffigurante la proteina Spike (in rosso) del coronavirus che si lega al recettore ACE2 (in blu) su una cellula umana, permettendo al virus di penetrare all’interno
Juan Gartner/Science Photo Library

Una delle sfide maggiori del Coronavirus dipende dal fatto che la maggior parte delle persone infette presenta sintomi lievi o é del tutto asintomatica. Questo rende difficile identificarli ed isolarli ma gli permette anche di condurre una vita socialmente attiva, facilitando la diffusione del virus. Infatti, SARS-CoV-2 è di gran lunga più contagioso della SARS o MERS-CoV-2 (Mallapaty, 2020).

Gli epidemiologi possono disegnare un modello di diffusione di una malattia infettiva, come il COVID-19, in una popolazione, se si conosce il numero medio di infezioni secondarie prodotte da ciascun individuo infetto in una popolazione. È quello che viene chiamato indice di riproduzione, o R0. Se l’indice R0 è maggiore di l, il tasso di infezione cresce esponenzialmente, se minore di 1, la malattia andrà a scemare. COVID-19 ha un indice R0 di circa 2.2, sebbene vari da 1.4 a 3.9. E’ importante notare che l’indice R0 non è una proprietà intrinseca del virus, ma dipende dalle circostanze. Il distanziamento sociale, la chiusura delle scuole e le restrizioni sui viaggi abbassano l’indice R0 del COVID-19. L’obiettivo dei governi è di ridurre l’indice R0 al di sotto di 1, così da invertire il tasso di crescita della contagiosità. Ad ogni modo, anche se Rnon è al di sotto di 1, ogni sua diminuzione rallenta la velocità di diffusione della pandemia, riducendo il carico di lavoro sui servizi sanitari.

Le infezioni respiratorie come il COVID-19 si trasmettono principalmente mediante le goccioline di muco emesse con un colpo di tosse o uno starnuto. Tutti quelli entro 2 metri di distanza da una persona infetta corrono il rischio di respirare queste particelle ed infettarsi. Le goccioline possono trasmessersi anche toccando superfici contaminate, trasferendole poi a bocca, naso o occhi quando ci tocchiamo il viso – gesti che facciamo almeno 20 volte in un’ora  (Kwok et al., 2015).I ricercatori hanno dimostrato che il virus sopravvive per parecchie ore e rimane vitale fino a 24 ore su cartone, 2 giorni sulla plastica e 3 giorni sull’ acciaio inossidabile  (van Doremalen et al., 2020).  

Sconfiggere la pandemia di COVID-19

Sono vari i modi attraverso cui la gente può contribuire ad abbassare l’indice R0 del COVID-19 ed aiutare a sconfiggere la pandemia. Ad esempio starnutire o tossire coprendo naso e bocca con il gomito o un fazzoletto.

Lavare spesso le mani. Secondo alcune fonti false, disinfettanti e saponi non avrebbero effetto o un effetto solo limitato sul virus. I coronavirus sono uccisi dai detergenti usati per lavare le mani, come il sapone, perché distruggono la membrana lipidica presente nell’involucro esterno del virus. Anche i disinfettanti a base di alcol hanno effetti simili, ma la modalità d’uso di saponi e disinfentatti è differente. I normali saponi rimuovono particelle di sporcizia e grasso che ospitano e proteggono i virus. Ecco perchè è importante lavare bene le mani. (Di norma il 30% della popolazione non lava le mani dopo essere andato in bagno, e di quelli che lo fanno, solo il 50% le lava correttamente.)

I disinfettanti non puliscono la pelle, ma inattivano il virus quando l’acol entra in contatto con il suo involucro esterno. Anche se sono meno efficaci di acqua e sapone, i detergenti sono più veloci e più convenienti. Sono una buona opzione per chi non ha accesso alla toilette o chi deve continuamente manternere le mani igenizzate come nelle strutture sanitarie  (Hall, 2012).

Un modello di influenza pandemica sviluppato nel 2018 dagli epidemiologi dello University College London sostiene che lavarsi le mani riduce la trasmissione del 22% (Corcoran, 2020). Non è un modello per il COVID-19, ma dimostra come tutti noi abbiamo un ruolo nel proteggere gli altri e noi stessi, in periodi di pandemia.

A handwashing image
Il lavaggio delle mani è molto efficace nel distruggere i coronavirus riducendo la trasmissione.
Maridav/Shutterstock

Ringrazionamenti 

Gli autori ringraziano la Science Foundation Ireland (SFI) per aver finanziato la scrittura di questo articolo, con il finanziamento 12/RC/2275_P2.


References

Resources

Author(s)

Il Dr. Martin McHugh è il responsabile della sezione di divulgazione del Science Foundation Ireland Research Centre for Pharmaceuticals (SSPC), presso l’Università di Limerick, in Irlanda. Martin si occupa di attività di sensibilizzazione per il pubblico sui temi di medicina e salute, e si occupa dell’impatto dell’educazione informale tra i partecipanti.

Oonagh O’Hara è una tirocinante della sezione di divulgazione presso l’ SSPC. Si occupa dello svilluppo di programmi di sensibilizzazione per le scuole, della scrittura di articoli per studenti ed assiste ad eventi di sensibilizzazione nelle scuole locali.

Laurie Ryan è responsabile dei progetti di divulgazione pubblica presso l’ SSPC. Si occupa di progetti di sensibilizzazione, di trovare finanziamenti ed organizzare eventi. Sta terminando la sua tesi di dottorato sull’educazione informale.

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