Un cervello quasi senza paura Understand article

Tradotto da Cristina Benedetti. Non sarebbe fantastico vivere senza paura? O forse no? La ricerca sta dimostrando proprio quanto la paura possa essere importante.

Brave New World
Brave New World (Il mondo
nuovo)
è uno dei romanzi più
letti del XX secolo

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concessa da Chris Goldberg;
fonte dell’immagine: Flickr

Vivere una vita senza paura è uno dei temi preferiti di romanzi e film. Nel romanzo del 1932 Brave New World (Il mondo nuovo) la felicità è facile da raggiungere: si prende solamente una pillola e i problemi svaniscono, insieme a qualsiasi paura. Per me, un neuroscienziato amante della fantascienza, è incredibile vedere alcune delle fantasie di Aldous Huxley diventare realtà nei laboratori che studiano le basi neurali della paura.

Nonostante le sue varie cause, la paura produce sintomi notevolmente simili: il cuore accelera e si comincia a sudare. All’estremo – un attacco di panico – si provano soffocamento, vertigini e nausea, e si è terrorizzati all’idea di perdere il controllo o morire.

La rimozione selettiva di specifiche paure è un obiettivo chiave della neuroscienza, mentre si cercano trattamenti per fobie, disturbo post-traumatico da stress e altri disturbi da ansia. In Europa, più di 43 milioni di persone sono affette da tali condizioni (vedi tabella 1) e i trattamenti attuali includono psicoterapia e antidepressivi. Questi approcci sono utili, ma in certi casi non funzionano o hanno effetti collaterali sgradevoli. Per ottenere trattamenti più efficaci, dobbiamo comprendere come il cervello elabora la paura.

Condizione

Numero di affetti (milioni)

Tabella 1: Incidenza negli Europei dei più comuni disturbi da paura e ansia
Fonte dei dati: Wittchen & Jacobi (2005)
Disturbo da panico 5.3
Agorafobia 4.0
Fobia sociale 6.7
Disturbo d’ansia generalizzato 5.9
Fobie specifiche 18.5
Disturbo ossessivo compulsivo 2.7
Neuronal networks
I neuroni (verdi) nel cervello
si connettono a migliaia di
altri neuroni, creando milioni
di circuiti neuronali

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concessa da Penn State; fonte
dell’immagine: Flickr

A tal fine, i ricercatori stanno ora esplorando una regione del cervello: l’ipotalamo. Situato in profondità nel cervello, l’ipotalamo è una specie di antico centro cerebrale per le motivazioni e gli impulsi interiori come la fame. Nonostante gli impulsi umani come il desiderio di felicità o amore non siano limitati all’ipotalamo, sono collegati a motivazioni di base che hanno le loro radici nel bisogno di sopravvivere e riprodursi. Se i livelli di energia nel corpo si abbassano, per esempio, determinati neuroni nell’ipotalamo si fanno sentire, innescando la sensazione della fame. Similmente, una catena di reazioni neurobiologiche sta alla base della sensazione della sete quando al corpo manca acqua; della rabbia se qualcuno invade il vostro territorio e della paura se incontrate un cane aggressivo.

Come funziona? Sappiamo che l’ipotalamo è costituito da più di 15 gruppi di cellule nervose – neuroni – che utilizzano una varietà di messaggeri chimici e recettori per comunicare fra loro. Sappiamo molto poco, tuttavia, su quali di questi tipi di neuroni siano coinvolti nelle singole motivazioni per la sopravvivenza. Né comprendiamo ancora come l’ipotalamo coordini una tale gamma di funzioni diverse. Sono coinvolti gli stessi neuroni? O cellule distinte ma vicine comunicano rapidamente per determinare quale risposta attivare?

Per rispondere a queste domande, gli scienziati devono sistematicamente smontare l’ipotalamo nelle sue componenti, come migliaia di pezzi di un grande puzzle. Questo si può ottenere accendendo e spegnendo specifici neuroni utilizzando semplicemente un flash di luce.

Sembra roba da fantascienza? In realtà, è una delle tecniche utilizzate nel gruppo di ricerca in cui ho lavorato all’European Molecular Biology Laboratory (EMBL)w1. Una proteina fotoattiva, come quelle presenti negli occhi, è introdotta in uno specifico tipo di neuroni nel cervello. La proteina può poi indurre o silenziare l’attività del neurone in risposta al flash di luce laser. Quando i ricercatori del nostro gruppo hanno utilizzato la luce per spegnere determinati neuroni nell’ipotalamo dei topi, perdevano ogni sensazione di paura. Invece di evitare un ratto – predatore naturale del topo – gli si avvicinavano, costringendoci a fermare quel particolare esperimento per proteggere i topi.

Terrifying
Fa paura, no? È così che i
pericoli sono evitati in natura

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concessa da nick ta; fonte
dell’immagine: Flickr

Un comportamento simile è stato curiosamente osservato nell’uomo, e ha suggerito per la prima volta ai neuroscienziati che la paura è controllata da diverse aree del cervello. Prima che sapessimo che l’ipotalamo è coinvolto nella paura, pensavamo che forse l’unica area del cervello coinvolta fosse un’altra piccola regione detta amigdala. Una donna conosciuta nella letteratura scientifica solo come ‘SM’ aveva una condizione genetica che distruggeva i neuroni nell’amigdala, nota come centro delle emozioni e componente essenziale nell’elaborare la paura. Nel corso degli anni, gli scienziati hanno esposto SM a tutta una serie di terribili stimoli inclusi film horror, serpenti e ragni velenosi, ma lei non mostrava paura. Un giorno, tuttavia, le hanno chiesto di respirare aria con un’alta concentrazione di anidride carbonica, che aumenta i livelli di anidride carbonica nel sangue e normalmente è associata al soffocamento. Questo, alla fine, ha gettato nel panico SM, che ha urlato chiedendo aiuto mentre si toglieva la maschera. Gli scienziati che la osservavano hanno concluso che altre regioni del cervello oltre all’amigdala dovevano essere in grado di attivare ed elaborare la paura.

Per la prima volta, SM aveva sperimentato la paura. Che bella idea, penserete voi. Gli scienziati stanno cercando di capire come rimuovere la paura, per aiutare a trattare disturbi da ansia e altre malattie. La vita di SM, tuttavia, dimostra l’importanza della paura. Nel corso degli anni la sua mancanza di paura l’ha condotta in molte situazioni pericolose – incluse diverse aggressioni – perché non riconosceva i primi segnali di pericolo, proprio come il topo che incoscientemente si avvicina al ratto. La paura non è solo sgradevole e inquietante ma esiste anche per avvertirci dei pericoli.

Questo studio mostra l’importanza di raggiungere un compromesso, che gli scienziati continuano a ricercare. Le emozioni basilari possono essere vitali ma diventano dannose se portate all’estremo. In Brave New World (Il mondo nuovo), per esempio, le persone pagavano un prezzo molto alto per la completa felicità e assenza di paura: perdevano la loro libertà. Forse lo scopo della paura è anche segnalare la necessità di valutare e reagire continuamente, di fare le scelte appropriate, e di cercare risposte alle nostre emozioni e comportamenti a casa, al lavoro o a scuola.


References

Web References

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Author(s)

Jose Viosca è un neuroscienziato diventato comunicatore scientifico. Ha studiato i circuiti neurali della paura come ricercatore post-dottorato all’European Molecular Biology Laboratory. Ora è assistente editoriale per Science in School. Lo potete trovare su Twitter: @jviosca

Review

Questo interessante articolo introduce i lettori all’innovativo metodo dell’optogenetica per esplorare le funzioni del cervello. Una funzione è quella di elaborare la paura, un’emozione prodotta da differenti regioni del cervello come l’ipotalamo e l’amigdala.

La paura dell’autorità o della bocciatura sono sensazioni che la maggior parte dei ragazzi sperimenta a scuola. Come fa notare l’autore, questi tipi di stress dovrebbero essere gestiti attentamente da insegnanti e studenti, per stabilire il punto di equilibrio in cui obiettivi validi non sono visti come ‘confutabili’ o una ‘minaccia’. Ma la paura ha il potenziale di migliorare l’apprendimento? I neuroscienziati cognitivi pensano sia così.

Vari studi hanno mostrato che, mentre processano informazioni cariche di emozioni, l’ipotalamo e l’amigdala attivano una abbondante secrezione dell’ormone adrenalina. Fra gli effetti del meccanismo detto ‘combatti o fuggi’ c’è il miglioramento della memoria corticale; un evento emotivo è sempre registrato con maggior prontezza, per una migliore elaborazione e conoscenza.

Recentemente, ho osservato un curioso ‘esperimento’ pedagogico condotto da un insegnante di scienze della scuola secondaria. In una classe, gli studenti imparavano le caratteristiche anatomiche dei dinosauri predatori (Tyrannosauraus rex e altri) attraverso una lezione espositiva supportata da istruzioni dirette, leggendo e guardando una parte di un documentario della BBC. In un’altra classe l’insegnante faceva una breve introduzione e poi mostrava il film Jurassic Park! Il lettore può indovinare quale classe ha avuto i risultati migliori nel reperire le informazioni?

Luis M Aires, Scuola Secondaria Antonio Gedeao, Portogallo

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