Archeologia galattica: come studiamo la nostra galassia Understand article

Questo articolo è stato adattato da un blog post di ESO

Noi non possiamo vedere la nostra galassia dall’esterno, quindi come facciamo a studiarla? Scoprite come gli astronomi svelano il drammatico passato della Via Lattea e scrutano nel suo futuro.

Immagine: ESO/B. Tafreshi, CC BY 4.0

Come facciamo a studiare la gallassia in cui viviamo? È un po’ come se vi chiedessero di disegnare una mappa della vostra città senza poter uscire di casa. Potreste guardare fuori delle finestre e vedere alcune strutture, come strade e gli edifici più alti, ma la gran parte rimarrà nascosta dalle case circostanti. In effetti, gli esseri umani sono già riusciti a fare qualche passo fuori dalla Terra, ma le dimensioni della Via Lattea sono enormi. Voyager 1, l’oggetto più lontano fabbricato dall’uomo, è in viaggio da 45 anni e si trova a oltre 20 milioni di chilometri di distanza. Tuttavia, in termini galattici è ancora praticamente alla porta accanto: bisognerebbe trovarsi diversi milioni di volte più lontano per avere una visione chiara della Via Lattea dall’esterno.

Una passeggiata lungo il viale dei ricordi…

Uno dei primi tentativi di tracciare una mappa della Via Lattea venne fatto nel 1875 dagli astronomi, e fratelli, Caroline e William Herschel. Contando le stelle che potevano vedere nel cielo notturno, tracciarono un disegno della Via Lattea che non aveva molto in comune con i modelli odierni della nostra galassia.

Ci sono due problemi principali che gli astronomi devono superare per avere una visione migliore della Via Lattea: si devono conoscere la distanza e le caratteristiche di 200 miliardi di stelle e si deve dissipare la nube di polvere opaca che ci oscura la visuale. Misurare la distanza di oggetti esterni al Sistema Solare era impossibile prima della seconda metà del 19° secolo. Con lo sviluppo di telescopi migliori e l’applicazione della fotografia alle osservazioni astronomiche, cartografare il cielo è migliorato rapidamente.

Nei primi anni 50 del secolo scorso, l’astronomo Knut Lundmark ha incaricato Martin e Tatjana Kesküla di dipingere una carta della nostra galassia, nota come il Panorama di Lund della Via Lattea. A mano, inserirono le posizioni di circa 7000 singole stelle per produrre un quadro senza precedenti della Via Lattea. Ci vollero due anni per completare la mappa, grande 2 m x 1 m, che può essere vista all’Osservatorio di Lund, in Svezia.
Immagine: all’Osservatorio di Lund, Svezia

Un gigantesco passo avanti nella cartografia della Via Lattea avvenne nei primi anni 90 del secolo scorso, quando Lennart Lindegren, insieme a Michael Perryman e l’Agenzia Spaziale Europea (ESA), proposero la missione del telescopio spaziale Gaia. Lanciato nel 2013, il telescopio Gaia ha fornito informazioni di valore inestimabile sull’aspetto della nostra galassia.[1,2]

Come facciamo a cartografare la galassia?

Fino ad ora Gaia ha rilevato la posizione e la velocità di quasi 2 miliardi di stelle nella Via Lattea, che è ancora solo l’1% di tutte le stelle della galassia. Questo permette agli astronomi di identificare le strutture della Via Lattea e ricostruire i moti stellari nel passato e nel futuro. Ma come possiamo misurare la distanza da una stella? Questo si fa osservando come la stella sembra muoversi rispetto allo sfondo di stelle mentre la Terra orbita attorno al Sole (parallasse stellare). Potete osservare voi stessi un effetto di parallasse tenendo un dito di fronte al vostro viso: chiudete alternativamente un occhio e noterete che il vostro dito sembra spostarsi rispetto allo sfondo. Se muovete il dito più lontano, questo sembrerà muoversi di meno, cioè l’anglo è minore. Per le stelle possiamo usare lo stesso principio, ma, invece di usare i nostri due occhi, usiamo l’orbita della Terra attorno al Sole per ottenere i nostri due punti di vista. Usando l’angolo dello scostamento apparente e la distanza tra il Sole e la Terra, si può misurare la distanza dalla stella.

Immagine: NASA, ESA and A. Feild (STScI), CC BY 4.0

Gaia fornisce non solo l’informazione sulla distanza, ma anche indizi sullo sviluppo e quindi la storia delle stelle. L’archeologia galattica studia la storia della nostra galassia e le stelle sono i suoi fossili. Per studiare in dettaglio questi fossili, i telescopi dello European Southern Observatory (ESO) rilevano l’impronta chimica delle stelle per mezzo della spettroscopia. Il rilevamento Gaia-ESO utilizza le strutture dell’ESO per ottenere le informazioni chimiche sulle stelle tracciate da Gaia, con l’obiettivo di fare luce ulteriore sul mistero della Via Lattea.[3]

Immagine composita del telescopio spaziale Gaia (illustrazione artistica, in alto) e del Very Large Telescope di ESO (in basso). Insieme hanno cartografato la Via Lattea, fornendo indicazioni sulla sua struttura e la sua storia.
Immagine: ESA/ESO , CC BY 4.0

Costruire la Via Lattea

In termini semplici, per costruire una galassia abbiamo bisogno per prima cosa di materia oscura. Grazie alla gravità, il gas collassa per formare le stelle, che sono legate gravitazionalmente tra loro e ruotano insieme formando la galassia. Nel corso del tempo, la galassia cambia ed evolve, in parte a causa dell’evoluzione delle stesse stelle. Durante la loro vita, le stelle fondono idrogeno e elio formando elementi più pesanti e polvere. Questo materiale viene quindi espulso nel gas circostante. Le generazioni successive di stelle che si formano da questo gas arricchito, incorporano anche gli elementi pesanti. Studiando l’impronta chimica delle stelle, possiamo quindi distinguere le diverse generazioni. La distribuzione, evoluzione e movimento delle stelle nella nostra galassia ha fatto sì che la Via Lattea diventasse una galassia a spirale, con un disco che presenta braccia spirali ben definite e una regione centrale ingrossata chiamata rigonfiamento. Il disco e il rigonfiamento sono circondati da un alone che contiene agglomerati stellari globulari e materia oscura. Comunque, questa è una descrizione estremamente superficiale e semplificata della nostra galassia.

Un’immagine del cielo visto da Gaia, con il piano della Via Lattea disposto orizzontalmente. Questa non è una foto della Via Lattea, ma la composizione di tutti gli 1.8 miliardi di oggetti misurati individualmente da Gaia.
Immagine: ESA/Gaia/DPAC , CC BY-SA 3.0 IGO

Un passato, presente e futuro violenti – tenetevi forte!

Studiando il movimento e la composizione chimica delle stelle della Via Lattea, gli astronomi hanno scoperto i resti sparpagliati di un’antica galassia assimilata[4], che è stata fatta a pezzi diversi miliardi di anni fa, come anche alcuni resti di numerose galassie inghiottite nell’alone della Via Lattea.

Tuttavia, questa non è ancora la fine della storia sconvolgenete della Via Lattea. Attualmente, la nostra galassia sta assimilando un’altra galassia: la galassia nana del Sagittario. La galassia del Sagittario è passata attraverso la nostra galassia diverse volte, venendo lentamente smembrata dalla gravità della Via Lattea. Proprio come succede gettando un sasso in uno stagno, i ripetuti tuffi di Sagittario nella Via Lattea hanno prodotto onde in tutto il disco della Via Lattea, che possono essere viste da Gaia.[5]

Illustrazione artistica della coda di stelle e polvere lasciata dalla galassia nana del Sagittario, che sta per essere assimilata dalla Via Lattea.
Immagine: NASA/JPL-Caltech/R. Hurt (SSC/Caltech)

Se invece facciamo un balzo di quattro miliardi di anni nel futuro, ci si aspetta che la Via Lattea e la grande nebulosa più vicina, la galassia di Andromeda, si uniranno per formare una.[6] Ancora una volta, la nostra galassia verrà rimodellata.

Il quadro complete?

E quindi abbiamo ottenuto la mappa definitiva della Via Lattea? Bhe, stiamo quasi per ottenerla. Un problema è che la nostra visuale verso il centro della Via Lattea è oscurata da nubi di polevre che nascondono la vista. Tuttavia, grazie a rilevatori radio e agli infrarossi, si può sbirsciare attraverso la polvere. Questi rilevatori hanno permesso di ottenere un immagine di Sagittario A*, il buco nero supermassiccio al centro della nostra galassia, e stabilire che la sua massa equivale a quella di 4 miliardi di Soli.[7]

Illutrazione artistica annotata della Via Lattea, con la localizzazione dei bracci spirale e di altre componenti
Immagine: NASA/JPL-Caltech/ESO/R. Hurt , CC BY 4.0

In futuro si uniranno a Gaia nuovi strumenti installati ai telescopi dell’ESO, che rileveranno gli spettri della luce visibile e infrarossa di oltre 1000 oggetti allo stesso tempo, permettendo agli astronomi di ottenere l’impronta chimica di milioni di stelle. Insieme a Gaia, questi nuovi strumenti scopriranno molti dei segreti che la Via Lattea ancora nasconde, così che un giorno potremo avere una mappa completa della nostra galassia.


References

[1] La pagina della missione Gaia sul sito web dell’ESA: https://www.esa.int/Science_Exploration/Space_Science/Gaia

[2] La collaborazione tra ESO e ESA: https://www.eso.org/public/blog/how-eso-collaborates-with-esa/

[3] Come ESO sta partecipando alla missione Gaia: https://www.eso.org/public/blog/it-is-full-of-stars/

[4] Feuille DK et al. (2022) An Old, Metal-rich Accreted Stellar Component in the Milky Way Stellar Disk. The Astrophysical Journal 934: 21. doi: 10.3847/1538-4357/ac76ba

[5] Un articolo sui risultati della missione Gaia sul sito web dell’ESA: https://www.esa.int/Science_Exploration/Space_Science/Gaia/Gaia_hints_at_our_Galaxy_s_turbulent_life

[6] Un articolo sul futuro della Via Lattea sul sito web della NASA: https://www.nasa.gov/mission_pages/hubble/science/milky-way-collide.html

[7] Le stelle si muovono attorno al buco nero supermassiccio della Via Lattea in queste immagini dall’ESO: https://www.eso.org/public/news/eso2119/

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CC-BY
Rebecca Forsberg è una comunicatrice scientifica e studente di Dottorato in astrofisica all’Università di Lund, in Svezia. Al momento della scrittura di questo articolo, Rebecca stava seguendo un internato di sei mesi in comunicazione scientifica all’ESO.

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