L osservatorio ALMA: il cielo è solo a un passo da qui Understand article

Tradotto da Claudia Mignone. Claudia Mignone e Douglas Pierce-Price ci accompagnano in un viaggio sulle Ande Cilene, alla scoperta del sito di ALMA, la più grande struttura al mondo per la radio-astronomia, costruita per svelare i segreti delle nostre origini cosmiche.

Un’antenna di ALMA
sull’altopiano del Chajnantor
alla fine del 2009

Immagine gentilmente
concessa da ALMA (ESO /
NAOJ / NRAO)

Immaginate di fare trekking nel deserto di Atacama, una regione ad alta quota sulle Ande del Cile settentrionale, uno dei luoghi più secchi ed isolati sulla Terra. Ad un altitudine di 5000 metri ed oltre, la vita qui non è certo facile, con una pressione atmosferica molto più bassa che sul livello del mare, e l’ossigeno che scarseggia.

Il paesaggio, dominato da enormi vulcani ed altre cime, presenta qua e là distese di sale e pittoresche formazioni di ghiaccio e neve, e ricorda solo molto alla lontana un panorama tipico del nostro pianeta. Ad un tratto, nel bel mezzo di questa regione arida e remota, vi accorgete di una costruzione gigantesca — potrà mai trattarsi di enormi antenne satellitari?

Not exactly. This is the Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA), an Non proprio. Davanti ai vostri occhi si erge l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA), un insieme di enormi antenne ad alta precisione, attualmente in costruzione sull’altopiano del Chajnantor nell’ambito di una collaborazione internazionale tra Europa, Nord America e Asia Orientale, con la partecipazione della Repubblica del Cile. Il partner europeo di ALMA è l’European Southern Observatory (ESO). ALMA è un osservatorio rivoluzionario: quando sarà completato, intorno al 2012, permetterà agli astronomi di osservare la luce proveniente da alcuni degli oggetti più freddi e lontani dell’Universo, con una risoluzione ed una sensibilità molto maggiori rispetto a quelle degli strumenti attuali.

ALMA è il più grande progetto astronomico attualmente esistente sulla faccia della Terra. Al momento sono state installate le prime tre antenne: un’impresa straordinaria, date le ostiche condizioni del luogo. Ma chi visiterà l’altopiano del Chajnantor tra un paio d’anni si troverà dinanzi ben 66 antenne, di cui 54 con un diametro di 12 metri e le altre 12, più piccole, con un diametro di 7 metri.

Ogni antenna è costituita da un disco, una grande superficie riflettente. Il disco ha lo stesso ruolo che hanno lenti o specchi nei telescopi ‘tradizionali’, o ottici: raccogliere la luce proveniente da sorgenti astronomiche lontane, e metterla a fuoco in un rivelatore che misura la radiazione. La differenza tra questi due tipi di telescopi è nella lunghezza d’onda della radiazione che viene rivelata. La luce visibile, che viene catturata dai telescopi ottici, è solo una piccola parte dello spettro elettromagnetico (vedi riquadro), con lunghezze d’onda che vanno da 380 a 750 nanometri (un nanometro è la millionesima parte di un millimetro). ALMA, invece, esplorerà il cielo attraverso una radiazione che ha una lunghezza d’onda maggiore, a partire da qualche centinaia di micron fino a circa un millimetro. Questa radiazione, detta millimetrica e sub-milimetrica, fa parte delle onde radio.

Il prototipo di un’antenna
europea per ALMA

Immagine gentilmente
concessa da ESO

I dischi di ALMA si differenziano dagli specchi di un telescopio che osserva la luce visibile sia per quanto riguarda la levigatezza che le dimensioni. La superficie riflettente di un qualsiasi telescopio deve essere praticamente perfetta: qualora essa presenti irregolarità più grandi anche solo di qualche punto percentuale rispetto alla lunghezza d’onda che deve essere rivelata, il telescopio non potrà effettuare misure accurate. Poiché le antenne di ALMA devono catturare luce con lunghezze d’onda maggiori rispetto a quelle della luce visibile, non devono essere levigate alla perfezione come gli specchi che vengono utilizzati nei telescopi ottici, ma vengono comunque realizzate con una cura estrema: le imprecisioni, infatti, hanno dimensioni molto più piccole rispetto allo spessore di un foglio di carta! E così le antenne di ALMA, benché simili, nell’aspetto, a gigantesche antenne satellitari, sono, per un fotone con lunghezza d’onda (sub-)millimetrica, superfici riflettenti praticamente lisce e capaci di mettere a fuoco i fotoni con grande precisione.

La risoluzione angolare di un telescopio, ovvero il grado di dettaglio nelle immagini che esso produce, dipende sia dalla lunghezza d’onda a cui esso opera che dalle dimensioni dell’apertura attraverso cui passa la luce, cioè il diametro del disco o dello specchio. A parità di diametro, quanto più è grande la lunghezza d’onda, tanto peggiore sarà la risoluzione; a parità di lunghezza d’onda, invece, quanto più è grande il diametro tanto migliore sarà la risoluzione. La relazione che lega la dimensione angolare del più piccolo dettaglio che si può distinguere (θ), la lunghezza d’onda (λ) e il diametro (D) è data da: θ ≈ λ/D. Si noti che valori piccoli dell’angolo θ corrispondono a dettagli più fini, e quindi ad una migliore risoluzione. Di conseguenza, un radiotelescopio (che osserva la luce a lunghezze d’onda maggiori) con lo stesso diametro di un telescopio ottico (che osserva la luce a lunghezze d’onda minori) avrebbe una risoluzione peggiore.

Dunque, per ottenere una risoluzione paragonabile a quella dei telescopi ottici all’avanguardia, un radiotelescopio come ALMA dovrebbe avere una superficie riflettente con un diametro di svariati chilometri, il che è chiaramente impossibile da realizzare. Per aggirare il problema, ALMA è costituito da una serie di singole antenne, sparpagliate su una superficie molto ampia: le antenne operano all’unisono attraverso una tecnica detta interferometria.

La risoluzione di un interferometro è data da θ ≈ λ/B, dove θ è la risoluzione, λ la lunghezza d’onda e B la massima distanza tra una coppia di antenne all’interno dello schieramento. In altre parole, un interferometro funziona quasi come se fosse un unico telescopio grande quanto l’intero schieramento di antenne.

Aumentando la distanza massima tra le antenne si aumenta il potere risolutivo dell’interferometro, capace quindi di distinguere dettagli sempre più piccoli. Riuscire a collegare antenne a distanze di svariati chilometri è un punto cruciale per ottenere una risoluzione eccellente e quindi immagini con un grado di dettaglio elevato.

Lo schieramento base di ALMA consiste in cinquanta antenne da 12 metri, sistemate in diverse configurazioni e separate da distanze che variano da 150 metri a 16 chilometri. Viene così simulato un unico, gigantesco telescopio, molto più grande di qualsiasi telescopio che si possa costruire concretamente. La risoluzione massima di ALMA sarà addirittura migliore di quella che si può ottenere, a lunghezze d’onda visibili, mediante il telescopio spaziale Hubble.

Rappresentazione artistica dello schieramento di ALMA in una configurazione estesa
Immagine gentilmente concessa da ALMA (ESO / NAOJ / NRAO) / L Calçada

Le altre quattro antenne da 12 metri formeranno, insieme alle dodici antenne da 7 metri, l’Atacama Compact Array, uno schieramento di antenne più piccolo. Le antenne da 7 metri, essendo più piccole, possono essere avvicinate le une alle altre per formare una configurazione più compatta, il che, secondo i principi dell’interferometria, consente di vedere l’aspetto globale delle sorgenti astronomiche osservate dal telescopio. Inoltre, le ultime quattro antenne da 12 metri saranno utilizzate separatamente da tutte le altre, e serviranno a misurare la luminosità assoluta delle sorgenti osservate, una quantità che non si può misurare con un interferometro.

Le varie configurazioni del telescopio permetteranno agli astronomi di studiare, allo stesso tempo, sia l’aspetto globale di una sorgente astronomica che i suoi più minuti dettagli. Passare da una configurazione all’altra non è tuttavia semplice, in quanto c’è bisogno di spostare fisicamente le antenne. Questa operazione viene eseguita mediante l’uso di due trasportatori, costruiti per l’occasione e progettati per sollevare le antenne, che pesano più di 100 tonnellate ciascuna, spostarle per chilometri attraverso il deserto e posizionarle su delle piattaforme di cemento con una precisione millimetrica.

Immagine gentilmente concessa
da ESO / WFI (optical); MPIfR /
ESO / APEX / A Weiss et al.
(submillimetre); NASA / CXC /
CfA / R Kraft et al. (X-ray)

La galassia Centaurus A, situata a circa 13 milioni di anni luce dalla Terra. Centaurus A è una cosiddetta galassia attiva, poiché ospita, nel suo centro, un buco nero super-massiccio che sta divorando la materia circostante a ritmo molto intenso, producendo enormi quantità di energia in gran parte dello spettro elettromagnetico e causando l’espulsione di particelle ad altissima energia in due getti simmetrici. Questa immagine a colori combinati, ottenuta utilizzando tre strumenti che operano a frequenze molto diverse tra loro, mostra i lobi e getti che emergono dal buco nero al centro della galassia attiva. I dati raccolti nel sub-millimetrico, a 870 micron, dallo strumento LABOCA montato su APEX sono mostrati in arancione. I dati raccolti dall’osservatorio Chandra, che osserva i raggi X, sono mostrati in blu. I dati raccolti nel visibile dal Wide Field Imager (WFI) montato sul telescopio MPG / ESO 2.2 m situato a La Silla, in Cile, mostrano le stelle sullo sfondo e la tipica striscia di polvere della galassia in un colore simile a quello vero

Uno degli obiettivi di ALMA è catturare la radiazione emessa da galassie lontanissime, tra le prime ad essersi formate nella storia del cosmo: la luce che vediamo, infatti, è stata emessa da queste galassie oltre dieci miliardi di anni fa. La lunghezza d’onda della luce emessa da queste lontanissime galassie è stata ‘stirata’ durante il viaggio verso di noi a causa dell’espansione dell’Universo: emessa come luce infrarossa, questa radiazione raggiunge la terra con una lunghezza d’onda maggiore, ovvero millimetrica o sub-millimetrica. ALMA è quindi lo strumento ideale per andare a caccia delle prime galassie e scoprire come si sono formate le varie strutture che compongono l’Universo.

ALMA studierà anche, con un grado di dettaglio mai raggiunto prima, molti dei cosiddetti ‘vivai’ stellari, ovvero grandi nubi fredde di gas e polvere cosmica che si trovano nello spazio interstellare e dove nascono nuove stelle. La luce prodotta da queste giovani stelle viene assorbita dalla polvere, che la ri-emette nuovamente a lunghezze d’onda infrarosse e (sub-)millimetriche. Queste regioni sono spesso difficili, se non impossibili da osservare attraverso un telescopio ottico, in quanto vengono oscurate dai granelli di polvere e sono perciò scure; risultano, invece, particolarmente luminose nella porzione (sub-)millimetrica dello spettro. ALMA sarà il telescopio più potente per osservare queste nubi freddissime ed ottenerne immagini con una risoluzione senza precedenti. Grazie ad ALMA, gli astronomi potranno realizzare immagini dettagliatissime di stelle e pianeti nascenti all’interno di nubi gassose nei pressi del nostro Sistema Solare, e grazie ad esse potranno capire meglio come si formano le stelle, i pianeti e la vita stessa.

Immagine gentilmente concessa
da ESO / APEX / DSS2 /
SuperCosmos / Deharveng
(LAM) / Zavagno (LAM)

Immagine a colori combinati della regione di formazione stellare RCW120. L’immagine svela come una bolla di gas ionizzato in espansione, grande circa dieci anni luce, induca il materiale circostante a collassare, formando densi frammenti in cui nascono nuove stelle. Le nubi fredde e dense emettono luce a lunghezze d’onda sub-millimetriche, come mostrato in blu, e sono oggetti di studio ideali per un telescopio come ALMA. In questa immagine, i dati a lunghezza d’onda sub-millimetrica di 870 micron sono stati ottenuti mediante lo strumento LABOCA, montato sull’Atacama Pathfinder Experiment (APEX), un telescopio formato da una singola antenna dal diametro di 12 metri, situato anch’esso sull’altopiano del Chajnantor

La radiazione (sub-)millimetrica rappresenta una finestra che si affaccia l’Universo freddo e lontano; purtroppo, però, è particolarmente ardua da rivelare, in quanto viene assorbita in gran quantità dal vapore acqueo presente nell’atmosfera terrestre. È per questo motivo che i telescopi per effettuare questo tipo di ricerca devono essere costruiti in luoghi secchi e ad altitudine elevata, dove l’atmosfera è rarefatta e contiene minime quantità di vapore acqueo. Ecco perché per ALMA è stato scelto l’altopiano del Chajnantor che, a 5000 metri di altitudine, è uno dei luoghi più secchi sulla Terra. Qui gli astronomi possono godere di condizioni insuperabili per osservare il cosmo; il prezzo da pagare, tuttavia, è molto alto, in quanto devono far funzionare un osservatorio all’avanguardia in condizioni molto difficili. Lavorare ad un’altitudine così elevata espone gli astronomi a problemi simili a quelli che incontrano gli alpinisti: mal di montagna, bassa pressione atmosferica e carenza di ossigeno da respirare. È stato quindi costruito un campo base ad un’altitudine più bassa, a circa 2900 metri, per facilitare le operazioni tecniche ed il lavoro di tutti i giorni. Riassumendo, se un luogo è ideale per l’astronomia (sub-)millimetrica, è molto probabile che in pochi ci vogliano vivere.

San Pedro de Atacama, un piccolo villaggio, dista solo una cinquantina di chilometri dal sito di ALMA; ciononostante, camminare da queste parti lascia la sensazione di aver visitato un altro pianeta. L’altopiano del Chajnantor è così elevato che la routine frenetica della vita urbana è ormai solo un vago ricordo, il che lo rende un luogo pressoché unico sulla Terra per esplorare i misteri nascosti e lontani del cosmo. Da qui, lo spazio è solo ad un passo.

Osservare sorgenti astronomiche lungo tutto lo spettro electromagnetico

La luce visibile è soltanto una piccola parte dell’intero spettro della radiazione elettromagnetica. Le varie parti dello spettro, dette bande spettrali, sono, in ordine di lunghezza d’onda decrescente e di frequenza crescente: onde radio (che comprendono anche le microonde e la radiazione (sub-)millimetrica), infrarosso, visibile, ultravioletto, raggi X e raggi gamma.

Poiché diversi processi fisici nell’Universo emettono luce a diverse lunghezze d’onda, ciascuna classe di sorgenti astronomiche nell’Universo risulta particolarmente luminosa in una o più bande spettrali. Gli astronomi contemporanei utilizzano diversi tipi di telescopi per studiare le varie bande, poiché ciascuna serie di osservazioni contiene informazioni complementari rispetto alle altre, e quindi rappresenta un pezzo in più nel grande puzzle cosmico; questo approccio si chiama astronomia a multi-frequenza.

Purtroppo, però, la presenza dell’atmosfera terrestre complica le cose, in quanto assorbe gran parte della radiazione. Se da un lato questo ci protegge, dall’altro rende la vita difficile agli astronomi: infatti, da terra si può osservare soltanto una piccolissima frazione dello spettro elettromagnetico e spesso, anche in questi casi, la qualità delle osservazioni dipende molto dalla posizione geografica dell’osservatorio. È per questo che la scelta di un sito come Chajnantor, per ALMA, è così importante. Per altre bande spettrali, in particolare per le lunghezze d’onda molto piccole, gli astronomi hanno bisogno di telescopi spaziali in orbita intorno al nostro pianeta, che possono osservare il cosmo al di fuori del filtro ‘oscurante’ dell’atmosfera.

L’opacità dell’atmosfera: il livello della curva marrone rappresenta quanto è opaca l’atmosfera in corrispondenza di ogni lunghezza d’onda. Le principali ‘finestre’ si trovano a lunghezze d’onda visibili (contrassegnate dall’arcobaleno) e radio, da circa 1 millimetro fino a 10 metri. Il Very Large Telescope dell’ESO osserva nel visibile e nell’infrarosso, mentre ALMA osserva nel (sub-)millimetrico, dove l’opacità dipende molto da quanto è alto e secco il luogo in cui si trova l’osservatorio. Per osservare a lunghezze d’onda in cui l’atmosfera è completamente opaca è necessario usare telescopi spaziali (in alto). Cliccare sull’immagine per ingrandirla
Immagine gentilmente concessa da ESA / Hubble / F Granato

 


Resources

Institutions

Author(s)

Claudia Mignone ha studiato astronomia presso l’Università di Bologna, in Italia, e poi si è trasferita in Germania dove ha conseguito un Dottorato in cosmologia presso l’Università di Heidelberg. La sua ricerca ha come tema lo sviluppo di metodi per comprendere meglio l’espansione dell’Universo. Le piace scrivere di scienza e società, e spiegare la scienza a persone che non se ne occupano. Questi interessi l’hanno spinta ad occuparsi di comunicazione della scienza, dapprima come praticante presso l’European Southern Observatory (ESO) e adesso come autrice scientifica per l’Agenzia Spaziale Europea (ESA).

Douglas Pierce-Price è l’addetto stampa per ALMA ed APEX presso il quartier generale dell’ESO in Germania. Prima di entrare a far parte dell’ESO, ha completato un dottorato presso il gruppo di astronomia dell’Università di Cambridge, nel Regno Unito, ed ha lavorato nel campo della divulgazione presso il Joint Astronomy Centre alle Hawaii, negli Stati Uniti.

Review

Non è insolito che un insegnante parli dei telescopi ottici durante una lezione di fisica, mentre è molto più raro far riferimento a telescopi che osservano altri tipi di radiazione. Questo articolo è interessante in quanto presenta un progetto, attualmente in via di realizzazione, per costruire un radiotelescopio.

Gli insegnanti possono trovare questo articolo particolarmente utile da applicare in discussioni sul potere risolutivo di uno strumento. Risponde, fra le altre, alle domande ‘Perché bisogna sparpagliare le antenne su una grande superficie?’ e ‘Perché non si può utilizzare un solo telescopio?’

Paul Xuereb, Malta

License

CC-BY-NC-ND

Download

Download this article as a PDF